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Un estratto da"L'uomo che amava dipingere"


…sentì una voce, una flebile, sottile voce che chiamava il suo nome: “Yassir! Yassir!”. Ripeteva la voce che sembrava appartenere ad una donna, il cui suono, tanto armonioso, musicale sembrava familiare.


Dove aveva potuto gia sentire quella voce Yassir? Egli stesso non riusciva a capire se stesse dormendo oppure se fosse ancora sveglio.


«Cos’è questa voce che interrompe il mio sonno?- Chiese Yassir – A chi appartiene questo dolce suono che fa sembrare il mio nome un insieme di armoniose note, che messe insieme sembrano dare vita ad una melodia mai ascoltata prima da orecchio umano? Che la pazzia abbia preso il sopravvento su di me? Fatti avanti misteriosa creatura notturna, essere divino o infernale che tu sia, fatti avanti, non indugiare oltre e mostrati a me, o va via… va via  da qui, tu che puoi e che non sei condannata a questa prigionia!» La voce, insistente, nell’oscurità della notte continuava a pronunciare il suo nome: “Yassir! Yassir!”


«Possibile, o essere sconosciuto, che tu sia tanto vile da celarti nell’oscurità di questa notte tormentata, senza mostrare il tuo volto, senza mostrare le tue sembianze? Se sei venuta per aggiungere dolore al dolore, sconforto allo sconforto, ti scongiuro va via e lasciami in pace… lascia in pace questo povero uomo, la cui unica colpa è stata quella di dipingere.» Ma la voce continuò: “Yassir! Yassir!” A quel punto Yassir chiese: «Se sei venuta qui, per portare via la mia disperazione, o per dare sollievo alle mie pene, sappi che sei la benvenuta, ma se così non è, se sei cosi crudele da essere giunta fin qui, da chissà quale oscuro sito  sconosciuto ad essere umano, per martoriare la mia anima sanguinante, ti scongiuro dimentica il mio nome, dimentica questo luogo e questo tempo e va altrove, va oltre queste mura che mi tengono prigioniero»


La voce rispose: «Il tempo… il tempo Yassir, in questo luogo non ha nessuna importanza»


«In questo luogo di dolore, il tempo, o voce senza volto, non è l’unica cosa a non avere importanza. Io per primo non ne ho.» La voce continuò: “Yassir! Yassir!”


«Ora basta! – Urlò Yassir – Figlia della notte, o figlia della mia pazzia, poco importa chi o cosa ti abbia dato i natali, ti ordino di lasciarmi in pace e mai più pronunciare il mio nome. Tormenta qualcun altro, sconosciuto essere, qualcuno che lo meriti davvero e non me che non ho mai fatto del male a nessuno dal giorno in cui sono venuto al mondo.»


«Yassir – disse la voce – davvero non mi riconosci?»