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Lettori fissi

mercoledì 1 settembre 2010

La donna che sussurrava agli specchi (anteprima del mio ultimo lavoro)

«Schh! – Sibilò portando il dito indice alle labbra – siamo in chiesa, parli piano, anzi sarebbe educato non parlare affatto. Il silenzio qui è d’oro, il silenzio qui è sacro. Siamo nella casa del signore, colui che tutto vede e tutto sa. Lui ci guarda…che lo faccia dall’alto dei cieli o dall’alto della croce, o persino dalla profondità degli abissi, lui ci scruta…ci osserva sempre, affinché si accerti che tutto sia fatto in suo nome, ed in nome di suo padre Dio onnipotente. Rendo grazia a lui anche per ciò che non capisco, anche per ciò che ai miei occhi sembra ingiusto, malvagio…sbagliato, perchè se è per sua volontà, sbagliato non è»Colei che era ormai diventata Meredith, se ne stava seduta su di una scomoda panca insieme ad altri fedeli. Dal pulpito un giovane prete officiava la messa. La sua voce, che echeggiava in quel luogo sacro, infondeva serenità nell’animo dei presenti che su invito del parroco rendevano grazia a Dio. L’odore d’incenso pervadeva, fino alla nausea, come a voler coprire il puzzo del peccato, quel luogo gremito di “timorati di Dio” nell’inutile ricerca della salvezza della propria anima. Un’anima che infondo, per tutti loro, è marcescente ed agonizzante da tempo immemore. Eppure sono lì, sono tutti quanti lì, religiosamente, diligentemente, in silenzio, pronti a parlare solo quando il prete ordina loro di farlo, convinti che basti poggiare le loro grasse e blasfeme chiappe su quelle misere panche in legno, per sentirsi apposto, in pace, con Dio e se stessi…con Dio e con il mondo intero. Ingurgitano famelicamente ed avidamente il corpo di Cristo, attenti che nessuno possa sottrarne ad essi anche solo un misero pezzo, e ne bevono, come vampiri, il suo sangue dal calice in oro e pietre preziose, dal santo graal che di esso, del sacro sangue n’è colmo fino a traboccare, cosi come trabocca dalle loro fetide bocche a causa della loro avida e bramosa sete del prezioso nettare di cui ne sono ebri. Il parroco dall’alto dell’altare sacrificale sporco di sangue innocente e di lacrime d’infanti battezzati, guarda, con il suo occhio inquisitorio, ma con immensa soddisfazione, lo svolgersi ed il ripetersi all’infinito del rito liturgico della comunione. Ammira i fedeli accanirsi sul corpo del loro salvatore, divorarne le carmi, smembrarlo fino all’osso e lavarsi con il sangue i peccati; certi della salvezza. Quale infausta sorte per questo gregge di pecorelle smarrite il cui pastore ha le fattezze di un lupo e dinnanzi ad esso sono genuflesse in attesa di donarsi a Dio per intercessione del prete. Meredith era in fila, con gli altri fedeli che avevano partecipato alla messa, in attesa di ricevere l’ostia dopo aver confessato i suoi peccati, sebbene non fosse chiaro, quali peccati poteva aver mai commesso una ragazzina di tredici anni. Era lì di fronte al prete e lentamente aprì la bocca. «Il corpo di Cristo» disse il giovane sacerdote e Meredith ebbe la sua dose settimanale di salvezza. Satolla della grazia di Dio, Meredith fece ritorno alla sua umile dimora insieme alla madre ed al padre che erano con lei a partecipare alla messa domenicale. Entrò nella sua stanza e segnò con un’altra ics il calendario posto sul comodino. Di quelle crocette, fatte con la penna, ve ne erano ormai ben quattordici.

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