Le condizioni di lavoro imposte dalla Fiat, ed illustrate agli operai di pomigliano d'Arco Marchionne, sono qualcosa di più di una semplice contrattazione. Ci troviamo di fronte ad un eperimento sociale, il cui scopo è la verifica di quanto gli industriali (non solo la Fiat), alla luce dell'attuale situazione economica, possano spostare l'ago della bilancia della forza contrattuale a propio favore. Il crescente aumento "dell'esercito dei disoccupati" rende i lavoratori ricattabili, come non lo erano da tempo. Per certi versi, sembra essere ritornati alla metà dell'800. La delocalizzazione della produzione è diventata l'arma di ricatto delle grandi industrie, cui dell'italia sembrano interessare solo gli incentivi statali, per poi, incoerentemente invocare, santificare, il liberismo "smithiano". Il dictat di Marchionne, secondo cui, o si lavora alle condizioni della Fiat o la panda la si produce in Polonia è indice della spropositata forza contrattuale concentrata nelle mani dell'azienda torinese. É per questo che è sbagliato chiamare referendum quello che si terrà martedi, dove i lavoratori saranno chiamati a scegliere se accettare o meno la proposta della Fiat. É sbagliato chiamarlo referendum, perchè la scelta non c'è ed in questo senso, il messaggio è stato chiaro. Gli operai sono stati messi in una condizione tale da essere davanti a due uniche soluzioni: accettare le imposizioni di Marchionne, o perdere il lavoro. Questo gli operai, così come i sindacati lo sanno bene ed hanno capito di non avere nessuna scelta, (fatta eccezione della FIOM.) è per questo che martedi la Fiat trionferà. Quel giorno, i cui risultati referendari pro fiat saranno inevitabili, si apriranno nuovi inquietanti scenari per il mondo del lavoro, perchè l'esperimento sociale si rivelerà riuscito. Gli industriali torneranno a godere di un potere che credevano non avrebbero assaporato mai più, grazie alle conquiste fatte dagli operai in anni di lotte. Martedi, 22 giugnò 2010, sarà il giorno in cui i lavoratori tutti, gli operai, perderanno la loro forza contrattuale faticosamente conquistata, a vantaggio degli industriali. In tutto questo, l'attuale governo è complice, perchè non ha saputo, ne voluto prendere misure che permettessero di non arrivare a questa situazione. Chi delocalizza la produzione, decidendo di fabbricare prodotti italiani all'estero, non dovrebbe avere diritto ad incentivi statali, come nel caso della fiat, perchè è chiaro, che i soldi pubblici immessi, con la speranza che vengano redistribuiti sotto forma di occupazione, si rivelano in realtà solo un "regalo" a chi di soldi ne ha già tanti e che con assoluta arroganza ricatta i suoi dipendenti, consapevole di avere il coltello dalla parte del manico e la colpa di tutto ciò, è di chi ha permesso che si verificassero le condizioni che oggi consentono agli industriali di godere di un'immenso potere contrattuale a discapito di quello dei dipendenti.
Vincenzo Borriello
(Per la riproduzione, riportare il link)
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